E-commerce business
to consumer
Il 20 dicembre
1999, presso il Politecnico di Milano, sono stati presentati i primi risultati
di un Osservatorio sul commercio elettronico promosso dalla stessa Università
(denominato "Osservatorio e-Poli B2C").
Una prima fase è stata dedicata allo studio quantitativo e qualitativo
degli Internet users in Italia e nel mondo: una stima NUA indica un totale
di 201 milioni di navigatori nel mondo, di cui circa 106 negli USA e 4 in Italia.
Nel nostro
paese è molto netta la prevalenza maschile (67%), con profilo socioculturale
elevato e residenza in comuni medio-piccoli.
La stessa classificazione si applica ai web-shoppers, ossia al sottoinsieme degli
utilizzatori della rete che effettuano acquisti su Internet (circa 294.000, pari
al 7,6% dei navigatori italiani).
I prodotti più acquistati sul Web risultano essere i libri (34%),
seguiti da software (29%), CD musicali (27%), hardware (25%), servizi finanziari
e viaggi. La
leva principale che spinge all'acquisto via Web è senza dubbio il prezzo
(57%), seguito dalla rapidità di effettuazione dell'ordine e dalla vastità
della scelta.
Il campione intervistato segnala inoltre tra i principali problemi la difficoltà
di reperire il sito, la lentezza dello stesso, la confusione grafica. Appare però
evidente come, superato "l'impatto iniziale" con il commercio elettronico,
il livello di soddisfazione cresce: mentre del primo acquisto si dichiara
infatti più o meno soddisfatto il 93% degli utenti, dopo il 5° acquisto
si raggiunge il 100% di soddisfatti.
Si può dire, in altri termini, che in Italia esiste ad oggi un gap di
offerta: la domanda potenziale di e-commerce esiste, ma il sistema di offerta,
in termini numerici e di qualità dei siti, di sicurezza dei pagamenti (solo
il 40% utilizza transazioni "sicure") e di fruibilità dei servizi
non appare adeguato. Le motivazioni addotte sono le più varie, dai conflitti
di canale ai problemi organizzativi, a questioni di marketing irrisolte. Il
settore però è in realtà effervescente: si assiste ad una
natalità di siti e-commerce molto vivace (oltre il 15% al mese), anche
se controbilanciata da una mortalità anch'essa elevata (7% al mese).
La maggioranza
dei siti sono in lingua italiana, ma sono in crescita anche i siti bilingua (italiano
e inglese), segno di una volontà di chi vende in rete di sfruttare le potenzialità
del mezzo per uscire dai confini nazionali con il proprio made in Italy.
Su un totale di circa 1.250 iniziative censite, l'Osservatorio del Politecnico
si è concentrato su 153 realtà. Di queste, il 74% ha investito meno
di 10 milioni nel progetto e-commerce, mentre solo il 22% ha dichiarato una cifra
superiore ai 50 milioni.
Molto limitato è invece il budget promozionale: per oltre il 79%
la cifra non supera il milione/mese, e solo il 3% dichiara di dedicare agli investimenti
pubblicitari più di 10 milioni/mese.
Per quanto
riguarda invece il fatturato derivante dalle vendite on-line, il 58% del campione
non arriva ai 3 milioni/mese, il 29% si colloca tra i 3 e i 10 milioni, e solo
l'8% dichiara di fatturare mensilmente più di 100 milioni da vendite in
rete.
Boston Consulting Group evidenzia le questioni chiave del tema in esame:
- Come
vanno modificate le regole competitive?
- Come
occorre intervenire sulle leve del marketing mix?
- Si
possono trasferire alla realtà italiana le più avanzate esperienze
internazionali?
Quali sono allora le priorità che deve affrontare chi vuole entrare nell'e-business?
- Definire
una precisa strategia di e-commerce
- Trasformare
il canale fisico da minaccia ad opportunità
- Uscire
dalla logica profitti/vendite
- Valorizzare
gli "intangible assets"
- Anticipare
le curve di esperienza e i margini di miglioramento
- Assicurarsi
la disponibilità delle risorse scarse (i "talenti")
|